la settimana santa

I PROSSIMI EVENTI A PIANO DI SORRENTO

PREMIO PENISOLA SORRENTINA – ARTURO ESPOSITO – Teatro delle Rose

Sabato 24 ottobre 2015 – ore 20,00
Piano di Sorrento – Teatro delle Rose

XX PREMIO PENISOLA SORRENTINA
ARTURO ESPOSITO

Ingresso Libero

Premiati

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Mario Giordano

direttore TG4

Premio settore “giornalismo”

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Antonello Avallone

direttore del Teatro dell’Angelo di Roma

Premio settore “teatro”

zero Manuela Zero

Premio “Giovane attrice”
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Francesco Cicchella

protagonista di “Made in Sud” e “Tale e quale show”

Premio speciale

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Bianca Atzei

Premio “Cantante dell’anno”

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Roberto Cipresso

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Premio speciale

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LANDO BUZZANCA

Premio alla carriera

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PEPPE BARRA

Premio Master di drammaturgia e cinema
dell’Università di Napoli “Federico II”

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PIPPO BAUDO

Premio “Dino Verde”

COLORI E SAPORI D’AUTUNNO A LEGITTIMO

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A Piano di Sorrento un borgo in festa per restaurare un’antica chiesetta: “Colori e sapori d’autunno a Legittimo”
Si terrà nel prossimo weekend da venerdì 9 ottobre a domenica 11 ottobre 2015 la manifestazione “Colori e sapori d’autunno a Legittimo”, borgo di Piano di Sorrento.
Il Borgo di Legittimo e “gli Amici di Sant’Andrea”, nell’ambito della raccolta fondi per i lavori di ristrutturazione della Cappellina di Sant’Andrea in Legittimo hanno organizzato una tre giorni di eventi dal 9 all’11 ottobre 2015.
Questo il programma dell’evento benefico:
Venerdì 9 ottobre 2015:
Nei pressi di Villa Enrichetta alle ore 20.00 ci sarà una serata canora con l’ amichevole e generosa partecipazione di FRANCESCA MARESCA.
Un gustoso panino e un buon bicchiere di vino sarà il giusto collante per una piacevolissima serata.
Sabato 10 ottobre 2015:
Presso B&B Titty e Margy alle ore 19.00 i racconti di Mario Vinaccia con l’accompagnamento musicale di Fabio e Rosanna, coronati da deliziose frittelle che regaleranno il giusto calore per queste prime sere d’autunno.
Domenica 11 ottobre2015
Alle ore 12.45 presso proprietà Aiello in Via Sant’Andrea 32 il “Pranzo contadino del giorno della vendemmia”.
In un’atmosfera familiare si potranno gustare i sapori della tradizione. Per questo evento è necessario prenotarsi telefonando ai seguenti numeri
3355707330 – 3402872718, i posti sono limitati.
Come sempre il Borgo di Legittimo e “Gli amici di Sant’Andrea” regaleranno ospitalità, sapori e colori genuini di una tradizione che vuole essere preservata e conservata, tramandata alle nuove generazioni per essere continuata, il tutto in nome di una causa benefica: restaurare la cappellina di Sant’Andrea collocata proprio in Legittimo.
Gli abitanti locali aspettano tutti coloro che vorranno partecipare per questa tre giorni all’insegna della bontà e del buon umore.

ELEZIONI POPOLARI DEL PARROCO di Ciro Ferrigno

12109895_426432520896959_2160763349999636530_oVoglio condividere questo breve scritto pubblicato oggi sul profilo Facebook di Ciro Ferrigno, inutile dire che condivido in pieno quanto lui scrive, sono certo che tutti noi saremo pronti a correre in soccorso della Nostra Basilica in caso di bisogno, come già avvenne in occasione del sisma del 1980. Forse noi non saremo all’altezza dei nostri padri che edificarono questo tempio, di certo gli ultimi Vescovi e gli ultimi sacerdoti della nostra Parrocchia non sono all’altezza dei loro predecessori che custodirono e preservarono le nostre tradizioni ivi compresa quella dell’elezione del Parroco (Domenico Cinque)

Un paese, perché sia tale, ha bisogno di strade, case e palazzi, almeno di una piazza, punto di aggregazione, di un luogo che sia casa di Dio e di un edificio che serva per il governo della comunità. Nella Planities dell’alto Medioevo non mancavano le case, al centro di vasti frutteti, piccoli agglomerati rurali abitati da contadini ed operai al servizio dei proprietari terrieri, in genere nobili e ricche famiglie o monasteri sorrentini. La strada Minervia che collegava il nostro territorio con quello stabiese si inerpicava su per le colline equane, superava la sella di Alberi e scendeva a Meta per l’attuale Petrale. Costruita forse in epoca arcaica, era finalizzata a raggiungere dapprima il Santuario dedicato al culto delle Sirene e poi quello della Dea Minerva, sacra a Greci e Romani, tempio che sorgeva all’estremità del Promontorium Minervae, oggi Punta della Campanella. Erano molteplici, nella Planities, i sentieri e le stradine che collegavano i vari caseggiati, per lo più sorti in prossimità dell’importante acquedotto del Formiello, che garantiva la presenza dell’acqua potabile. Sussistevano nuclei di collina, come la vetusta Sant’Agostino, poi Galatea e Litemo o rivieraschi, dove erano attive la pesca ed il collegamento con la non lontana Napoli, da sempre punto focale del Golfo.
Almeno tre erano i templi di epoca greco-romana, che punteggiavano il territorio della Planities, in un triangolo sacro, destinato a rimanere tale nei secoli a venire. Uno era dedicato a Venere e nei suoi pressi sarebbe comparsa la Madonna ad una contadina che pascolava il suo armento, presso un albero di alloro. Un altro dedicato a Galatea, la divinità marina, sarebbe diventato il primo centro di devozione mariana del territorio e la prima parrocchia della Planities. Un terzo, quello forse dedicato ad Apollo, è da collocare dove sarebbe stata edificata l’attuale Basilica di San Michele, centro e casa di Dio a Carotto. È veramente emozionante pensare che luoghi di culto come il Santuario della Madonna del Lauro e la Basilica di San Michele insistano su aree considerate sacre, praticamente da sempre! Non Galatea, che fu distrutta dai Saraceni e riedificata più a valle, nell’attuale Mortora. Gli antichissimi fabbricati, passati dal culto pagano a quello cristiano, con l’innalzamento della Croce, diventarono il centro di gravità degli abitati, destinati ad espandersi nel tempo. A Carotto furono tre famiglie a farsi carico della cura del nuovo tempio: Cacace, Maresca e Massa, che conservarono a lungo il patronato sulla chiesa, con l’annesso diritto di presentare il parroco. Successivamente, con atto del Notaio Giovan Ferrante Maresca del 5 marzo 1559, il patronato fu esteso a tutto il popolo, con l’obbligo di concorrere alle spese per il decoro della chiesa ed al mantenimento del Parroco pro-tempore con una dote adeguata, eleggendolo in una terna di nomi proposta dall’Arcivescovo di Sorrento.
Sono sette le parrocchie che hanno il Diritto di Patronato nelle elezioni popolari del parroco: la già citata San Michele, poi Trinità, Santa Maria di Galatea, Santi Prisco ed Agnello a Sant’Agnello, Santa Maria delle Grazie a Trasaella e Santa Maria di Casarlano a Sorrento. Tale diritto è documentato in un testo degli inizi del XVI secolo, da cui si evince chiaramente che la prerogativa già vantava radici plurisecolari. Nel resto d’Italia le altre parrocchie che conservano questo antico Diritto sono: Traversella e San Giorgio a Chieri in Piemonte, Guastalla Roli in Emilia, Cravate in Lombardia e poi Pompei, Barano d’Ischia, San Ciro a Portici e Secondigliano a Napoli.
Negli ultimi decenni gli Arcivescovi di Sorrento–Castellammare hanno avocato a sé la nomina dei parroci, ignorando questo antichissimo Diritto del popolo. È un vero peccato perché viene cancellata un’antica e cara tradizione, collaborando, in tal modo, alla massificazione ed alla globalizzazione del vivere, piaghe del nostro tempo. L’elezione popolare di un parroco era un evento per la comunità chiamata alle urne e spesso meritava attenzione ed articoli anche sulla stampa nazionale. Perché avviene tutto questo? Certamente è un segno dei tempi: troppi partecipano poco e male alla vita della comunità parrocchiale e si fanno vivi solo per ricevere i Sacramenti.
Ancora alla fine del Settecento, per costruire la chiesa della Madonna di Rosella si mobilitò il popolo e chi non poteva contribuire finanziariamente, offriva le proprie braccia ed il proprio lavoro fisico. È presumibile che ciò sia avvenuto per tutte le nostre chiese, dalla Madonna del Lauro a San Michele, dalla Trinità a Sant’Agnello e che lo jus di eleggere il proprio parroco sia stato, per i nostri antichi, il premio alle loro fatiche ed ai loro sacrifici. Non veniamo noi, oggi, considerati più degni dei meriti dei nostri padri? E, in caso di bisogno, non dovremmo sentirci più tenuti a rimettere in piedi, pietra su pietra una nostra chiesa danneggiata da una calamità? Insomma, non dobbiamo più ritenere la nostra chiesa la casa di Dio ma anche un po’ la nostra casa?
Il racconto del lunedì di Ciro Ferrigno

IL COMUNE UNICO? NO, GRAZIE… di Ciro Ferrigno

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Ecco uno scritto del Prof. Ciro Ferrigno che condivido in pieno, solo l’ignoranza della nostra Storia e delle nostre peculiarità puo’ spingere qualcuno ad invocare il comune unico. (Domenico Cinque)

Non c’è nulla di più “antistorico” per il popolo della penisola sorrentina dell’idea di riunire i vari Comuni attuali in uno solo, fatta eccezione per i nostalgici di quella “grandezza” che ha caratterizzato il Ventennio Fascista, di cattiva memoria. È vero che l’edilizia selvaggia degli ultimi cinquant’anni ha quasi saldato gli abitati peninsulari, ma per i cittadini rimane marcato e sentito lo specifico di ogni città che rivendica tradizioni e devozioni, antichità e vocazioni proprie, che finiscono con il connotare il carattere degli abitanti di ogni singolo nucleo. Marittimi Meta, dediti al commercio i carottesi, all’artigianato ed al turismo a Sant’Agnello, al turismo Sorrento. Chiusa ed introversa Meta, aperta ed estroversa Piano, diffidente Sant’Agnello, incline all’ospitalità internazionale con una punta di snobismo Sorrento. Fortemente devota alla Madonna del Lauro Meta, a San Michele ed alla Madonna delle Grazie Piano, all’omonimo Santo Abate Sant’Agnello, a Sant’Antonino Sorrento. Ogni centro abitato ha devozioni, feste, tradizioni popolari e culinarie proprie, sulle quali è caduta la polvere del tempo, come un sigillo. Forti affinità sono rilevabili solo tra Piano con Meta e Sorrento con Sant’Agnello. Grande incompatibilità vi è tra Piano e Meta da una parte e Sorrento dall’altra. Per incompatibilità non intendo nel modo più assoluto disamore o odio, ma mancanza di affinità caratteriale ed incapacità di condividere comuni ideali. Oggi, in nome del “risparmio” o della “modernità” si è tentati di cancellare la storia del territorio. Devono sparire i piccoli comuni, gli altri si devono associare. Sono necessarie tante periferie senza servizi e senza pubblica amministrazione, terreno fertile per clan malavitosi che si formano spontaneamente? Le grandi città italiane ne offrono già infiniti esempi. I politici che si alternano al governo del Paese non hanno capito che la ricchezza dell’Italia è proprio il piccolo, il facilmente gestibile, valida alternativa alla metropoli enorme ed ingovernabile. Le ricchezze storiche, artistiche e paesaggistiche dei piccoli centri dell’Italia, destinati a sparire dalla carta geografica, basterebbero come alternativa alle città soffocate dalle maree di turisti: Venezia, Firenze, Roma, Siena per creare nuovi itinerari e nuove sorgenti di ricchezza. La Svizzera che è un esempio di ottima gestione del territorio, con un’estensione di circa otto volte inferiore all’Italia, ha un numero di comuni che è poco più della metà di quelli italiani. Questo significa che la buona gestione del territorio si fa con l’autonomia amministrativa di ogni città e singolo paese, per piccolo ed insignificante che sia! Mi chiedo perché Sant’Agata sui due Golfi, Nerano, Moiano, Arola non abbiano ancora ottenuto l’autonomia amministrativa, è semplicemente assurdo non dare centralità a paesi di due-tremila abitanti! È assurdo che isole come Stomboli, Vulcano, Panarea, Linosa non abbiano la loro sede comunale, ma debbano dipendere da un’amministrazione a volte lontana ore di navigazione!
L’autonomia di Piano di Sorrento, nasce ufficialmente con la costituzione dell’Università (così si chiamavano allora i comuni) del Piano, suo vecchio nome, il 19 novembre 1542, ma l’anelito della popolazione all’autogoverno è ben più antica, se si considerano le tante istanze per l’autonomia da Sorrento, presentate ai governatori già negli anni 1150, 1218, 1306, 1308, 1491 ecc. e poi le infinite liti e le lotte, durate secoli e secoli. Anche in pieno Ventennio fascista, quando i quattro comuni della penisola formavano la “Grande Sorrento”, nel 1938 Piano e Meta fecero istanza per divi¬dersi da Sorrento, e riavere la loro autonomia. Infatti esiste una delibera (la n° 258 datata 30 luglio), che ha per oggetto un com¬penso al Notaio Palmieri Luigi per la sottoscrizione diretta ad ottenere la ricostru¬zione dell'ex Comune di Piano di Sorrento. Firmarono la petizione ben 2139 persone.
Che su un esiguo territorio insistano realtà diverse e spesso in conflitto tra loro non è cosa nuova. Nessuno ignora il rapporto storicamente difficile tra Capri ed Anacapri nella stessa isola o tra Lauria di Sopra e Lauria di Sotto, nella stessa città, in Lucania. Alla fine, la diversità diventa competizione e sforzo teso al superamento dell’altro e questo si tramuta in un valore aggiunto.
La parola vincente, a mio parere, per la Penisola Sorrentina non è la costituzione di un Comune unico, ma l’affidamento a consorzi autonomi della gestione di materie comuni come i trasporti, la viabilità, il traffico e l’ecologia.
È vero che tutti noi, quando ci troviamo fuori dalla penisola, diciamo di essere di Sorrento, quando poi siamo in altre regioni ci definiamo napoletani e quando siamo all’estero, italiani… Nel mio intimo, però, sono stato, sono e sarò sempre un indomabile carottese!
Il racconto del lunedì di Ciro Ferrigno

PROCESSIONE DI SAN MICHELE

   viso 2015 Finalmente il gran giorno è arrivato, domani domenica 27 settembre 2015 la Statua del nostro Santo Patrono tornerà fra la sua gente, percorrerà le sue strade, visiterà le nostre case. La solenne Processione avrà inizio alle ore 18,00 e percorrerà le seguenti vie:
 
Basilica di San Michele Arcangelo, Via Francesco Ciampa, Via Mariano Maresca, Via delle Rose, Via Ripa di Cassano (Saluto della Marina di Cassano con fuochi artificiali), Via Madonna di Rosella, Via Bagnulo, Via dei Pini, Corso Italia, Piazza Cota, Corso Italia, Piazza della Repubblica, Via Mercato, Via delle Rose, Via Carlo Amalfi, Basilica di San Michele Arcangelo.
 
Faccio mio l'invito rivolto a tutti dal nostro Amministratore Parrocchiale (dei carottesi) e vostro Parroco (Vostro di chi? Boh!). In occasione del passaggio della processione sarebbe bello vedere finestre e balconi adornati di drappi (lenzuola, coperte, tende etc.) bianchi. Nella locandina il nostro Amministratore Parrocchiale (dei carottesi) e vostro Parroco (Vostro di chi? Boh!) chiedeva, cito testuale, che ai balconi fossero esposti “merletti preziosamente lavorati e finemente ricamati”; io non sono un sacerdote ma sono convinto che San Michele gradirà di più una tela di sacco messa al balcone con il cuore da una famiglia che gli vuole veramente bene e lo rispetta e che forse solo quello puo' permettersi che un merletto preziosissimo messo al balcone tanto per non fare brutta figura o, peggio, per ostentazione. Quindi non vi preoccupate adornate i vostri balconi come meglio vi riesce, ricordate “La Chiesa fedele è povera e non insegue la vanità” (Papa Francesco).
Aggiungo un mio invito personale, dell'evento realizzate quante più fotografie e filmati potete e poi non tenetevele per voi, condividete tutto sui social in modo che  i nostri compaesani lontani possano essere partecipi della nostra festa che è anche la loro. Innondiamo Facebook, Twitter, Instagram etc. etc. di immagini, non preoccupiamoci dei duri e puri che ci diranno che invece di stare lì a fotografare potremmo essere con loro in processione non capendo che l'opera di documentazione e condivisione è una forma altrettanto importante di partecipazione al corteo. Sono certo che tutti coloro che lontani hanno lasciato il loro cuore a Piano di Sorrento ci saranno grati. Ed ora buona domenica di festa a tutti noi.

IL PATRONATO DI SAN MICHELE SU PIANO DI SORRENTO (di Ciro Ferrigno)

11062918_422647061275505_6523865436547911123_o Non è semplice per noi oggi, a distanza di più di mille anni, poter capire le motivazioni che indussero i nostri progenitori ad affidarsi al celeste patrocinio dell’Arcangelo Michele. Ci soccorre la logica nel farci ritenere che tale atto di affidamento sia stato determinato sull’onda emotiva di un fatto eclatante, conosciuto bene da tutti, passato di bocca in bocca e diventato epico e fortemente sentito come proprio. Il “fatto” in questione potrebbe riferirsi alle apparizioni di San Michele sul Monte Gargano in Puglia (490-493) o a quella sul Monte Faito ai santi Antonino e Catello (604-606 circa). Michele è l’Arcangelo che appare sui monti e viene venerato nelle grotte e Piano di Sorrento sembra essere un altare privilegiato, essendo terra di grotte a profusione, circondato da picchi di monti.
Una sola mano o una folla di mani innalzò la Croce su quel tempio pagano dove oggi sorge la Basilica? Alla radice dei nostri giorni, nelle prime pagine della storia carottese c’è questo atto coraggioso che rende la nostra chiesa madre “estaurita” , ovvero consacrata alla cristianità con una dichiarata conversione alla nuova fede, mediante l’esposizione del suo simbolo supremo: la croce. La storia non ci tramanda notizie ed i secoli hanno cancellato le memorie dei fatti e delle vicende di quei tempi lontani. Ma quando San Michele ha espletato il suo patrocinio sulla nostra città? Sono almeno tre le circostanze che vengono riconosciute ed accettate, per quanto il tempo abbia depositato sui fatti stessi la sua aura di leggenda.
Nel 1558 i Turchi mettono a ferro e fuoco Sorrento e Massalubrense. Lasciano una scia di morte, distruzione e saccheggi e centinaia di persone finiscono in prigionia, trascinate in Oriente per essere vendute sul mercato degli schiavi. Il Piano non viene toccato. I sorrentini, sulle prime, incolpano i pianesi, di aver aperto la porta di Marina Grande agli assalitori. Solo più tardi si saprà che è stato uno schiavo moro della famiglia Correale a compiere il misfatto. Gli abitanti del Piano, che nel momento del pericolo hanno invocato l’Arcangelo, lo ringraziano, accendono i ceri e innalzano inni per ringraziarLo. Ancora è l’Arcangelo che nel 1656 protegge Carotto nella tremenda pestilenza che miete centinaia di migliaia di morti in tutto il Viceregno di Napoli. Ventidue morti, e tra questi il parroco don Tobia Cennamo, sono poca cosa di fronte al vortice del male che sembra stingere la nostra terra. La popolazione ringrazia l’Arcangelo ed il pittore Giuseppe Castellano immortala l’evento in una grande tela votiva. Infine, nel 1688, poco prima della disastrosa scossa di terremoto del sei giugno, tutti odono distintamente i tocchi della campana piccola di San Michele, che suona, si saprà, da sola. Era la campana che si usava per allertare la popolazione in caso di calamità naturale o di avvistamento di navi saracene. Pochi minuti, il tempo di scendere in strada ed è l’apocalisse. Crolla in gran parte la chiesa, è distrutto il campanile con le campane, danni ingenti ai fabbricati. La popolazione è certa che l’Arcangelo stesso abbia suonato la campanella ed in pochi anni ricostruisce il tempio, conferendogli il massimo splendore e commissiona la nuova, magnifica statua del celeste protettore.
Quante storie e quanta storia ha inghiottito il tempo? Uomini salvati in mare, malattie risanate, pace ritrovata, voti esauditi, quante cose non sono giunte fino a noi? Ma le testimonianze di fede, fede viva, manifestano l’attaccamento del popolo carottese verso il grande Arcangelo che lo protegge da secoli e secoli, in una gara d’amore con la veneratissima Madonna delle Grazie.
Il racconto del lunedì di Ciro Ferrigno