la settimana santa

I PROSSIMI EVENTI A PIANO DI SORRENTO

40 ANNI FA......... UN LUMINO PER RICORDARE

Ci avviciniamo ad una data simbolo per il nostro paesello, il 23 novembre, quel giorno saranno 40 anni dal terremoto dell’Irpinia che segnò la nostra Storia in maniera indelebile.
Si portò via 10 vite e tante macerie e, cercando bene, ancora oggi si vedono alcune ferite aperte nel nostro tessuto urbano.
Un destino beffardo ha voluto che questo triste anniversario da “cifra tonda” cadesse nel pieno di un’altra emergenza di pari gravità.
Stasera la mia mente è ritornata a quei giorni che ricordo seppur mediati dagli occhi di un bambino. Mi sforzavo di paragonare i due eventi ed ho iniziato a viaggiare nei miei ricordi. Sono ritornato a quei giorni, ho rivisto un popolo unito stringersi intorno ai più sfortunati, ognuno offriva quel che poteva, a volte un semplice sorriso, un panino o una pizza. Chi aveva locali disponibili offriva ospitalità a chi in casa non poteva rientrare, la mia famiglia passò un’intera settimana nella pizzeria del Faticone a via delle rose, ogni sera dormivamo lì e la mattina ci veniva offerta dal titolare una tazza di latte caldo e la sera immancabilmente una bella pizza, avete letto bene, offerto! La stessa cosa so che accade a “la Tombola” ristorante gestito da Geppino Russo e di certo in altri luoghi. Ho rivisto il Sindaco di allora, l’Arch. Gargiulo, che faceva notte con papà alla ricerca di seconde case da requisire ed in cui alloggiare i senzatetto. Papà sapeva a memoria quasi tutta l’anagrafe e poteva segnalargli le case in cui nessuno abitava ed allora l’architetto personalmente provvedeva a forzare le porte ed a far entrare i concittadini momentaneamente senza casa. Ho rivisto i colleghi di papà che incuranti dei pericoli lavoravano giorno e notte negli uffici per organizzare al meglio l’emergenza, finito il lavoro ordinario vi era chi distribuiva i buoni pasto, chi coperte e materassi, chi latte. Ho rivisto Piazza Cota piena per i funerali delle vittime, vi era tutta Piano stretta in un unico abbraccio. Ho rivisto tutto questo ed altro ancora ed ho cercato analogie impossibili. 40 anni fa vi era un popolo unito, una famiglia, che insieme ha sofferto ed insieme si è rialzato. Ho visto veri giganti che hanno preso sulle loro spalle le sofferenze e le incertezze della gente, ognuno al di la del suo ruolo ordinario. Giganti che sapevano che durante l’emergenza prima si agisce e poi semmai si discute, che il bene primario della vita va al di la della burocrazia e delle procedure.

Oggi so con certezza che quest’anno non potremo ricordare come avremmo voluto e come facciamo ogni anno i nostri 10 concittadini, il maledetto ospite ci ha tolto anche questo piccolo rito della Memoria ma come per altre cose non la deve aver vinta. Il 23 novembre alle 19,34 dobbiamo dimostrare in primo luogo a noi stessi che siamo ancora una comunità, una famiglia. Se non potremo recarci in corteo alla lapide di via delle Rose per deporre il nostro fiore dovremo trasformare l’intero nostro paese in un immenso unico luogo della memoria. Vi chiedo quindi di procurarvi un lumino ed alle 19,34 del 23 novembre, dopo aver spento tutte le luci di casa, porlo acceso sul davanzale della vostra finestra o sul vostro balcone. Facciamo che ogni luogo di Piano di Sorrento, ogni via, piazza, cortile, negozio brilli solo di quelle fiammelle per almeno 10 minuti. E siccome vi sono anche balconi e finestre virtuali perchè solo per quel giorno non sostituire la nostra immagine del profilo sui social con un lumino? Ne saremo capaci?

NOTTE DA SOGNO, SOGNO DI UNA NOTTE

Le Tradizioni sono le radici di un popolo e questo noi Carottesi lo sappiamo bene. Lo abbiamo dimostrato quando un ospite indesiderato ci ha costretti in casa per lunghe settimane e ha rischiato di far saltare le Processioni della Settimana Santa. Il popolo carottese ha deciso senza esitazione di mettersi all’opera con quello che aveva a disposizione, si sono realizzati file con tutti i cori ed i suoni degli incappucciati e sono stati messi a disposizione di tutti tramite la Rete. La sera del Giovedì e del Venerdì Santo quel vuoto delle strade che doveva segnare la nostra sconfitta si è trasformato in una miriade di suoni provenienti da ogni balcone o finestra, di immagini degli incappucciati proiettate sui muri dei palazzi, il popolo ed il suo amore per la Storia aveva vinto ed il covid perso.

L’ospite purtroppo ha continuato a dimorare fra di noi in tutti questi mesi ed ancora oggi impedisce l’organizzazione di Riti che coinvolgano tante persone. Ieri, 5 luglio 2020, si sarebbe dovuta svolgere la Processione della Madonna delle Grazie di Marina di Cassano. La Madonna di primo mattino sarebbe dovuta salire dal borgo marinaro per raggiungere il centro del paese e poi continuare il percorso via mare. Il maledetto ospite anche in questo caso pensava di vincere, di lasciare un intero popolo triste e sconfitto orfano della sua Protettrice. Ma anche questa volta ha sottovalutato i carottesi e il loro amore per le Tradizioni secolari tramandate dai loro avi. In silenzio e senza clamore tutti gli abitanti del borgo marinaro si sono dati appuntamento in piena notte sui loro pescherecci, gozzi e cianciole. Gli anziani hanno estratto a sorte il nome del peschereccio che avrebbe avuto l’onore di trasportare la statua della Madonna e poi si sono recati in cappella e, prelevata la Sacra immagine, l’hanno caricata sull’imbarcazione e sono salpati. In testa il peschereccio con la Madonna delle Grazie ed a seguire tutte le altre barche, piccole e grandi. Su ognuna di esse decine di lumini e fiaccole a creare una processione di luce che prima ha toccato le coste metesi e poi quelle sorrentine. Un fiume di luce su un mare argentato che faceva da contraltare ad un cielo che sembrava condividere e partecipare a questa insolita ma suggestiva cerimonia, brillava in cielo una splendida luna piena affiancata da due astri lucentissimi, i pianeti Giove e Saturno, ad illuminare una notte magica che mai si era vissuta prima e che, crediamo, mai si vivrà in futuro. All’ora in cui la Processione sarebbe dovuta uscire il corteo faceva rientro in porto accolto dal suono a festa delle campane. Ancora una volta il popolo carottese aveva vinto, ancora una volta le Tradizioni avevano avuto la meglio sui contrattempi della cronaca.


UNA SETTIMANA SANTA IMPORTANTE


Da più parti sento dire o scrivere “che brutta Settimana Santa”, "Settimana Santa da cancellare"... certo la mancanza delle Processioni si è fatta sentire, ma proprio per questo la Settimana appena trascorsa forse è stata più importante di tutte quelle che negli anni la hanno preceduta. 
E’ stata importante perchè ha rilevato il vero senso delle processioni per noi carottesi, esse sono un evento che ha molteplici sfaccettature, tutte importanti. Certo vi è l’aspetto religioso penitenziale ma fermarsi ad esso significa aver capito poco o nulla. Se fosse solo questo il valore di quei Riti l’assenza si sarebbe potuta colmare facilmente con la preghiera privata, il silenzio, il raccoglimento. Ed invece i carottesi in quelle serate del Giovedì e Venerdì Santo hanno sentito impellente la necessità di ascoltare i suoni dei tamburi, le note dei cori, vedere le immagini degli incappucciati su foto e filmati degli anni precedenti. Ognuno si è industriato come poteva, file musicali trasmessi a tutto volume per le strade deserte, video proiettati sui muri dei palazzi, tutto andava bene purchè non ci sentissimo abbandonati, sentissimo la presenza di quelle figure. Quasi come avvertissimo che quel virus maledetto avesse attaccato quei cortei tutti noi ci siamo schierati a loro difesa con le armi che abbiamo, li abbiamo fatti vivere per quanto possibile anche quest’anno e così abbiamo sconfitto il male. Abbiamo riaffermato inconsapevolmente con quei gesti d’amore che le Processioni sono un bene di tutta la collettività, nessuno le possiede veramente e nessuno della nostra comunità puo’ essere definito un estraneo rispetto ad esse. Chi si è permesso di scrivere quell’orrendo termine ha avuto la risposta in quei due giorni, una risposta d’amore e di disobbedienza a dictat inaccettabili fonte forse di qualche consiglio sbagliato o di una colpevole sottovalutazione di un tesoro che penso non si è in grado di capire sino in fondo. Cori si sono levati in ogni angolo del nostro paese, surrogati che hanno fatto bene al cuore e all’anima e sono certo hanno fatto comprendere a qualcuno che noi, il popolo di Piano, siamo tutti tutori e proprietari di quel patrimonio. Tutto ciò va oltre il Rito penitenziale, abbiamo dimostrato che noi vediamo in quei cortei le nostre radici, la nostra identità più profonda, il nostro passato ma anche il nostro futuro. Sono eventi, piaccia o no, culturali. Ci commuoviamo alle note dei cori non perchè evocano la Passione di Cristo ma perchè ci rimandano alla nostra infanzia, a cosa noi siamo veramente. Quelle note ci legano indissolubilmente a questa terra dovunque le ascoltiamo. “Al Calvario al Calvario o redenti” ed in un attimo da qualsiasi punto del mondo siamo riportati a casa e ci rivediamo bambini per mano dei nostri genitori. La magia è tutta qui… e non è poco. Ecco perchè abbiamo fisicamente bisogno di quei canti, di quelle note. Sono una rassicurazione, un dirci che siamo ancora una famiglia nonostante tutto e lo abbiamo dimostrato proprio in questa Pasqua 2020, ognuno dalle proprie case ma uniti da quei suoni. Nessuno, ne sono certo, ha resistito alle prime note ad aprire il balcone e mettersi in ascolto commosso. Questa è la nostra forza, siamo ancora capaci di sentirci uniti intorno a dei valori, di disobbedire quando qualcuno tenta di appropriarsene, al silenzio che hanno tentato di imporci abbiamo risposto con una miriade di suoni dai balconi e dalle finestre, una risposta di immenso valore che sarà di monito per il futuro. Grazie carottesi.

LE PROCESSIONI DI QUEST'ANNO

Ma chi l’ha detto che quest’anno le processioni degli incappucciati non ci saranno? Chi l’ha detta questa menzogna? Di certo qualcuno che non è carottese, qualcuno che non ha ancora capito cosa sono quelle processioni, chi siano quegli incappucciati. 
Le processioni ci saranno regolarmente la sera del giovedì santo, la notte e la sera del venerdì santo, come ogni anno sfileranno per le nostre vie. 
Si è vero non saranno complete come gli altri anni ma ci saranno regolarmente. 
No, non sono pazzo. Noi sappiamo che a precedere gli incappucciati che noi vediamo ci sono tutti gli altri incappucciati, i nostri nonni, i nostri avi che per secoli hanno indossato quel sacco. Loro precedono il corteo che noi vediamo, filmiamo, fotografiamo. Noi carottesi lo sappiamo che sono lì, ombre di un passato più o meno remoto. Sappiamo che fanno parte di quei cortei, sappiamo perchè li sentiamo vivi e presenti in quelle sere e soprattutto in quella notte. Quest’anno saranno soli. A seguirli non avranno i tamburi, i cori, gli incappucciati di oggi costretti a casa da un “contrattempo”. Dalle nostre finestre, dai nostri balconi saremo lì ad attenderli, non li vedremo arrivare ma sapremo ad un certo punto che sono lì davanti a noi. Sapremo che lì davanti a noi c’è la signorina Lina a dirigere il Genti Tutte, sapremo che don Alberto sarà lì a guidare i suoi Neri pronto a commuoversi per le note del Calvario, rivedremo don Mattia dietro i bianchi di Mortora e don Antonino Alberino a seguire i rossi di Trinità. Tutti i vecchi cantori dei vari Misereri si saranno dati appuntamento per cantare più forte che mai e noi li sentiremo, la loro voce possente farà tremare le nostre anime. I cori delle voci bianche ci commuoveranno come accade da secoli, saranno bimbi di ogni epoca a radunarsi per dar voce alle strofe che nessuno ci ha mai insegnato ma che tutti noi sappiamo fin dalla nascita perchè sono incise nel nostro DNA. “Al Calvario, al Calvario, o redenti Ove l'ostia s'immola d’amor” canteranno i bimbi del Calvario, “Fra immensi, atroci spasimi si spense alfin la vita al Figlio dell'Eterno, dell'alma nostra aita” risponderanno i bimbi di Mortora. Saranno processioni colossali, il nostro nonno insieme al contadino del ‘700, il soldato della seconda guerra mondiale nella stessa fila con il confratello che aiutava gli appestati nell’800. Tutti insieme a sostituire chi quest’anno non puo’ indossare quel sacco. Ombre bianche, rosse e nere avanzeranno solenni dal fondo dei secoli e saranno tutte allineate per le nostre strade a rinnovare una tradizione ed a ricordarci, forti delle loro esperienze, che nessuna notte è infinita e che se guardiamo bene l’alba già si intravede.