MUSICA IN VILLA… E SONO 15 ANNI… - Villa Fondi
SABATO 2 AGOSTO – ORE 21,00
Piano di Sorrento – Villa Fondi
l’Associazione Tertium Millennium
presenta
MUSICA IN VILLA… E SONO 15 ANNI…
LIBRO: IL Dr. CAVENDISH E IL MANOSCRITTO BIBLICO – Villa Fondi
VENERDI’ 1 AGOSTO – ORE 20,30 Salotto Culturale del presentazione del libro IL Dr. CAVENDISH |
Mario Capasso, noto papirologo di origini napoletane, approda in libreria con il suo ultimo lavoro letterario: "Il Dr. Cavendish e il manoscritto biblico", edito da Pensa Multimedia. George Cavendish è un quotato restauratore di papiri che vive in Inghilterra negli anni Trenta, dove si dedica alla cura e al ripristino di manoscritti provenienti da tutto il mondo. Improvvisamente un ricco banchiere ginevrino, Delacroix, lo interpella affinché Cavendish gli procuri un bel papiro, magari contenente un inedito testo biblico. A quel punto lo studioso inglese, seppure con qualche titubanza, si mette in viaggio per raggiungere Il Cairo e, da quel momento, la sua vita cambia. George è ben felice di rivedere il suo amato Egitto, pur se l'affascinante Paese gli rammenta le sue scorribande giovanili durante le quali profanava tombe alla ricerca di testi inediti: la consapevolezza degli errori di gioventù ha portato infatti Cavendish ad abbandonare l'attività sacrilega e a redimersi attraverso il restauro degli antichi manoscritti ma, l'ebbrezza dello scopritore, risulta ancora viva nel suo animo. Appena toccato il suolo egiziano, il professore inglese decide di interpellare tutti i suoi conoscenti per procurarsi il papiro desiderato da Delacroix, ma ben presto egli apprende che di recente è stato scoperto un manoscritto sconvolgente che potrebbe cambiare per sempre le sorti dell'umanità. Ecco che l'antico fervore giovanile torna a tormentare Cavendish e, pur ricevendo diversi moniti e numerose minacce di morte, lo studioso darà inizio alla sua ricerca per ottenere il tanto agognato codice. Man mano gli amici del dottore moriranno misteriosamente senza che lui possa fare nulla per impedirlo e, dopo una lunga serie di peripezie, il papirologo arriverà a scoprire il luogo in cui è custodito il papiro, attraverso continue e imprevedibili sorprese. Avvincente e incalzante, così potrebbe definirsi in breve il lavoro di Capasso: la prosa dell'autore è scorrevole e si nota una particolare predilezione per le descrizioni non solo degli ambienti ma anche dei protagonisti: Capasso ama indugiare sulla fisionomia dei personaggi dimostrando di essere anche un bravo caricaturista, sa costruire gli intrighi in modo sapiente ed offre al lettore degli scorci dell'Egitto come solo un attento conoscitore dei luoghi riesce a fare. Rispetto alla sua prima opera, "Il Dr. Cavendish e la mummia del museo orientale", dove il restauratore subì addirittura un processo da parte delle mummie per la sua attività illecita del passato, l'autore mostra di essere più maturo e di arricchire ulteriormente quel personaggio che suscita un'immediata simpatia. Il bagaglio culturale ed esperienziale di Capasso è tale che solo una mente sapiente come la sua poteva raccogliere tutti i ricordi accumulati negli anni e trasporli in due opere accattivanti: forse Cavendish è la personificazione dello scrittore, il suo alter ego più avventuroso e dotato di quel caratteristico humor inglese tipico dei gentiluomini senza tempo. Tematica delicata ma sapientemente trattata, soprattutto nel secondo volume, è quella relativa al patrimonio culturale di cui l'Egitto è saturo e che nel tempo ha visto il saccheggio da parte dell'Europa e di personaggi privi di scrupoli: Cavendish ha una sua teoria ben precisa in merito e non sappiamo se in questo caso Capasso la condivida o meno, quel che è certo è che l'autore mostra grande rispetto per un popolo multietnico e ricco di storia. Indubbiamente "Il Dr. Cavendish e il manoscritto biblico" di Mario Capasso è ben scritto, qualcuno potrebbe dire che, trattandosi di un professore universitario, ciò sembri naturale ma non sempre è così, purtroppo. Spesso infatti i titoli accademici non vanno di pari passo con una conoscenza approfondita e chiara della lingua italiana. Un libro gradevole e innovativo per certi versi, una lettura non eccessivamente lunga che si presta bene ad allietare l'animo di coloro che amano l'Egitto o che, molto più semplicemente, possiedono spirito di avventura.
FACITEME STA’ CUJETE – Chiostro dell’Immacolata
GIOVEDI’ 31 LUGLIO – ORE 21,00
Piano di Sorrento – Chiostro dell’Immacolata
Per la rassegna teatrale
Maschere Estive
La compagnia “Il Sipario” di Agropoli
presenta
FACITEME STA’ CUJETE
ATTENZIONE!
L’INGRESSO E’ A PAGAMENTO
€ 5,00
La Compagnia composta da Umberto Anaclerico, Silvana Tricarico, Marisa Esposito, Rossana Galizia, Antonio Marzocchi, Michela Maffongelli, Vincenzo Durazzo, Pierpaolo Iorio, Francesco Gorga, Josephina Montone e Donato Marchesano presenterà “Faciteme sta Cujet”, commedia comica in due atti di Raffaele Caianiello, adattata da Umberto Anaclerico, anche attore protagonista, e Gaetano Troiano alla regia. Spettacolo che, però, di quieto sembra avere poco e si preannuncia come una vera e propria eruzione vulcanica. Un’armonia familiare turbata da tresche amorose e ricatti si intreccia a situazioni tra il grottesco e il paradosso all’interno di una trama ingarbugliata, che si conclude con un lieto fine che lascia allo spettatore uno spunto di riflessione sull’importanza dei buoni sentimenti e della pace familiare. Non mancheranno le sorprese e la comicità esplosiva e coinvolgente di personaggi come il protagonista Umberto Anaclerico.
FILM: LA GRANDE BELLEZZA – Villa Fondi
MERCOLEDI’ 30 LUGLIO – ORE 21,00 FILM LA GRANDE BELLEZZA Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte. Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Roberto Herlitzka, Massimo De Francovich, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Isabella Ferrari, Franco Graziosi, Sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario Cantarelli, Ivan Franek, Anita Kravos, Luciano Virgilio, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi, Pasquale Petrolo, Giorgia Ferrero, Aldo Ralli, Ludovico Caldarera, Maria Laura Rondanini, Anna Luisa Capasa Drammatico, durata 150 min. - Italia, Francia 2013. |
Scrittore di un solo libro giovanile, "L'apparato umano", Jep Gambardella, giornalista di costume, critico teatrale, opinionista tuttologo, compie sessantacinque anni chiamando a sé, in una festa barocca e cafona, il campionario freaks di amici e conoscenti con cui ama trascorrere infinite serate sul bordo del suo terrazzo con vista sul Colosseo. Trasferitosi a Roma in giovane età, come un novello vitellone in cerca di fortuna, Jep rifluisce presto nel girone dantesco dell'alto borgo, diventandone il cantore supremo, il divo disincantato. Re di un bestiario umano senza speranza, a un passo dall'abisso, prossimo all'estinzione, eppure ancora sguaiatamente vitale fatto di poeti muti, attrici cocainomani fallite in procinto di scrivere un romanzo, cardinali-cuochi in odore di soglio pontificio, imprenditori erotomani che producono giocattoli, scrittrici di partito con carriera televisiva, drammaturghi di provincia che mai hanno esordito, misteriose spogliarelliste cinquantenni, sante oracolari pauperiste ospiti di una suite dell'Hassler. Jep Gambardella tutti seduce e tutti fustiga con la sua lingua affilata, la sua intelligenza acuta, la sua disincantata ironia.
Anche Paolo Sorrentino, come molti registi dalla sicura ambizione, cade nella tentazione fatale di raccontare Roma e lo fa affondando le mani nel suo cuore nero, scoperchiandone il sarcofago da dove fuoriescono i fantasmi della città eterna, esseri notturni che spariscono all'alba, all'ombra di un colonnato, di un palazzo nobiliare, di una chiesa barocca. Un carnevale escheriano, mai realmente tragico ma solo miseramente grottesco, una ronde impietosa ritratta con altrettanta mancanza di pietà. A nessun personaggio di questa Grande bellezza è dato di evadere, e anche chi fugge lo fa per morte sicura o per sparizione improvvisa (ad esclusione del personaggio di Verdone, una sorta di Moraldo laziale, che si ritrae dal gioco al massacro tornando nella provincia da cui è venuto). Le figure di Sorrentino non hanno vita propria, sono burattini comandati da mangiafuoco, eterodiretti da una scrittura tirannica, verticale, sempre giudicante. Non hanno spazio di manovra, sembrano non respirare. Come fossero terrorizzati di non piacere al loro demiurgo, sembrano creature soprannaturali, evanescenti, eterne macchiette bidimensionali, schiacciate dall'imperativo letterario che le ha pensate. Con l'eccezione di quei personaggi cui è dedicato uno spazio più congruo come la Ramona di Sabrina Ferilli (davvero notevole) e il Romano di Carlo Verdone, gli altri animatori di questo circo hanno diritto a pochi concisi passaggi. Il domatore Jep Gambardella li doma tutti dispensando frusta e carota. La crisi di cui si dice portatore è senza convinzione, come i trenini delle sue feste, non porta da nessuna parte. Ma questa condanna sconfortata che cade su tutto e tutti, alla fine è assolutoria; e il ritratto di questa società decadente che si nasconde dentro i palazzi romani, mai visibile agli occhi di un comune mortale, sempre staccata dalla realtà, diventa solamente pittoresca.
Il Fellini della Dolce vita, cui si pensa immancabilmente, aveva una pietas profonda verso i suoi personaggi, e quella compassione permetteva allo spettatore di allora come di adesso, di agire una qualche proiezione emotiva. La grande bellezza di Sorrentino è invece abissale, freddissima, distanziata, un ologramma sullo sfondo. A favorire questo distanziamento c'è anche l'approccio volutamente anti-narrativo, già sperimentato in This Must Be the Place, ma qui ancora più evidente. Citando Celine e il suo Viaggio al termine della notte, Sorrentino sperimenta una narrazione errante, fatta di continue effrazioni, smottamenti, deliberati scivolamenti da un piano all'altro, da una situazione all'altra, lasciando tracce, abbozzi, improvvisi vagheggiamenti. Alla storia preferisce l'elzeviro, l'affondo veloce, la critica sferzante e sempre erudita. Al dialogo preferisce un monologo straordinariamente punteggiato (e nel film si monologa anche quando si dialoga).
La grande bellezza sembra essere un film geologico, come fosse l'affioramento improvviso di una stratificazione con i suoi tanti livelli sovrapposti e confusi; sembra essere un film archeologico, come fosse il ritrovamento di un'antica stanza romana con i suoi patrizi e le sue vestali. Sembra essere un film senile, come fosse la lettura postuma del diario di un vecchio dandy che ha vissuto nella Roma degli anni duemila. Sembra essere un film di fantasmi usciti dalla penna di uno scrittore fin troppo compiaciuto della sua arte e del suo mestiere. Infine, sembra essere la risposta erudita e d'autore al To Rome With Love, contraltare e vendetta alla cartolina di Woody Allen, con qualche traccia di troppo dell'impeto trascendentale di un Terrence Malick cattivo maestro.